Un fotografo di successo, uscito da un rumoroso ristorante, viene attratto dal gran silenzio di un parco. Il cupo verde degli alberi, il lieve fruscio, la fugace presenza di un giardiniere lo portano all'interno. Fa scatti e scatti casuali; in una piccola radura vede una ragazza, incuriosito la riprende. Invano lei reclama il rullino. Nel suo laboratorio sviluppa e stampa le foto. Ingrandisce particolari anche minimi, lentamente prende forma la scena di un delitto. Il gran mistero non è tanto la realtà ma la verità. Il reale può essere colto, non sempre soddisfa. E la verità a volte resta più misteriosa e imprendibile. Una visione "totale" dell'immagine è angosciosa. Se si pensa al recente attentato a Parigi, all'uccisione del poliziotto, alla scena ripresa integralmente (uccisione, ferimento e fuga), si conosce la realtà.
Senza etica la realtà-verità è monca e l'etica è data dall'osservatore che riesce ad entrare nel "fatto". Il grande fotografo Capa affronta il problema in modo simbolico- religioso; la mezza realtà, ossia la visione della caduta del miliziano, non ci mostra l'uccisore. E' la nostra coscienza etica a suggerirci chi è. Quell'immagine è diventata un'icona, una figura liturgica.
Certo "Blow up" è un film con una trama variegata: contrasto rumore-silenzio, foto di moda, fotogrammi inquietanti del parco, mistero dell'eros nell'impossibile conquista del soddisfacimento. Non rimane che il distacco adiaforo e psichedelico. (Paolo D.)