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immagine TattooHo letto questo libro tutto d’un fiato.

L’autore ha creato quella amara atmosfera minimalista in cui il protagonista Alberto sembra viverci in mezzo attivamente ma, a quanto si riscontra, senza prenderne piena coscienza.

E questo ruolo di protagonista quasi inconsapevole lo svolge dapprima come bravo marito e padre e poi, trascinato da una passione distruttiva nata da un incontro casuale, quando si risveglia in lui una nuova personalità, o meglio una seconda natura celata nel suo subconscio fin dall’infanzia.

 

Questa metamorfosi viene spiegata in modo graduale, ma devo dire, e questa mi pare l’unica obiezione da poter muoversi all’autore, con dei processi psicologici che non mi convincono appieno.

Il linguaggio risulta scorrevole ed attuale e sobrie e ben centrate le riflessioni dell’autore in qualità di narratore esterno.

Ben adattati alla psicologia dei vari personaggi i dialoghi che risultano incisivi e spesso crudi, come ben descritte sono le situazioni che rivelano un sottobosco di personaggi deprivati culturalmente.

La storia viene ritmicamente articolata a seconda del climax e delle situazioni che sono altrettante tessere di un mosaico che richiede al lettore impegno a causa dei salti temporali… l’incipit è già il finale: il protagonista emerge come da un incubo, la città si sveglia, una città a lui sconosciuta che riprende a vivere mentre non sappiamo se vi sarà rinascita per il nostro protagonista che tornerà da moglie e figlio ma troverà la casa vuota.

Non sapremo la sua sorte futura…cercherà di rintracciare la moglie, rinsavito dopo un trauma che risale all’infanzia oppure manterrà questa nuova personalità che lo spinge ad un desiderio assoluto di libertà senza vincoli morali e quindi senza essere più in grado di crearsi un ruolo all’interno della città in cui pare abbia sempre vissuto ma come un pesce in un acquario?

Se fosse un film si potrebbe già pensare ad un sequel e poi forse a un prequel in cui il trauma dell’abbandono da parte del padre potrebbe essere meglio analizzato mentre in Tatto viene liquidato in poche, anche se emotivamente coinvolgenti, pagine!

E forse è frutto di una mia esigenza personale un’analisi più approfondita che , lo devo ammettere, avrebbe rischiato di appesantire la lettura e creare scompensi ad un romanzo che mi pare, al contrario, ben studiato nei suoi equilibri.

Si tratta, secondo un mio giudizio, di una parabola amara ma purtroppo sempre più riscontrabile nella nostra società e l’epilogo incerto e pessimistico mi pare una sfida dell’autore che non accetta la comoda strada scelta dagli scrittori buonisti che si caratterizzano per l’happy end scontato e quasi sempre sono ben accetti dalla massa dei lettori e si garantiscono buone tirature.

In Tatto troviamo al contrario delle asperità descrittive di una gioventù sbandata e senza programmi.

Non si tratta più della gioventù arrabbiata delle passate generazioni che aveva bersagli ben precisi da abbattere, ma di esistenze dalla personalità autodistruttiva (ad Alberto aggiungiamoci la barista Irene e in sott’ordine i due ragazzotti che le stanno attorno), giovani senza bussola e schiavi di un consumismo scriteriato che va dal sesso alla birra dagli abiti ad altri oggetti di culto “ma per sentito dire” (vedi ad esempio il mitizzato “rolex” che si rivela una patacca) insomma una gioventù che crede di vivere la vita mentre ne è ai margini o meglio ne è emarginata in partenza.

A fare da contraltare in positivo vi è la moglie Lucia che cerca di trattenere il suo uomo ma, una volta scoperto il tradimento, non accetta compromessi e dopo le minacce, quando si rende conto che la situazione è irreparabilmente compromessa, se ne va col bambino.

Interessanti e psicologicamente approfondite mi sono sembrate le pagine in cui si descrivono i rapporti madre figlio ed anche il ruolo di Alberto in un triangolo familiare che a un certo punto si spezza, apparentemente di colpo, se l’autore non ci spiegasse gradualmente le cause remote che producono la frattura traumatica.

L’autore ha l’accortezza di non trasformarsi in moralista o all’opposto, come accade in certi altri scrittori desiderosi di scandalizzare il pubblico, di divertirsi ad esaltare perversioni ed immoralità senza giustificarle psicologicamente.

La violenza latente che cova in Alberto trova il suo brodo di coltura in certi ambienti che forse potevano essere descritti in modo più ampio ma non credo fosse negli intendimenti dell’autor insistere sul versante sociologico delle periferie metropolitane. (Manrico Zoli)

Saltini, Luca   Tattoo, Fernandel, 2012

 

L'autore Luca Saltini ha incontrato il gruppo di lettura della Pro Loco di Binago il 17 febbraio 2014.