Ci sono domande pleonastiche più seducenti di certe affermazioni nette: " Furono i romani imperialisti senza saperlo?" si chiedeva un importante personaggio anni addietro. Lo stesso vale per gli articoli quotidiani di Dell'Arti sulla" Gazzetta dello Sport", ove il titolo è sempre una domanda accattivante.
Lo spunto è dato dal ricordo di Bob Mallet di Bristol, uno dei tanti professori venuti in Europa ad insegnare l'inglese. E' molto romantica la sua storia. Da noi conobbe una ragazza e si sposarono. Poco tempo dopo lei morì, Bob cadde in una crisi profonda, s'ammalò e morì a sua volta. Fu in qualche modo al servizio di Sua Maestà, come tanti soldati mandati in India nell'800. Forse nacque così la storia di Buzzati "Il deserto dei tartari", un legame stretto con quei soldati romani spediti ai margini dell'impero, fra angosce, paure e poche speranze, come da certe epigrafi molto eloquenti.
Allora mi chiedo come sorse l'imperialismo britannico. Robinson Crusoe era certamente figlio di quel mondo. La "prima industrializzazione" non creò lotte di classe, ma lotta fra corporazioni: i tessili contro i marittimi. Se l'industria reclutava braccia fra i contadini, non meno dura fu la convinzione per trarle a sé da parte dell'Ammiragliato.
Se poi si pensa al turismo "acculturato" di oggi è anche questo una forma di imperialismo, deviazione indiretta dell'altro possessivo e sfruttatore.
Il turismo è sì conoscenza, ma anche conquista, assimilazione. A volte mischia realtà e fantasia, rivelazione e oscurità. Un giovinetto, fresco lettore di Bassani, faticò a credere all'esistenza di Via Salinguerra, a Ferrara. Realtà e fantasia hanno entrambe diritto, ma quando bisogna lasciar loro spazio espressivo?
Paolo D.