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strategia del ragnoIl figlio alla ricerca del padre, dei ricordi della sua morte. Incontra persone che gli furono care, amici e una sua amante. Ambiente estivo, di calura padana, interni borghesi e famigliari. Il paese è Sabbioneta - Tara. Trionfa il melodramma musicale cui tanto si deve per l'alfabetizzazione contadina. Il giovane scopre una realtà non agiografica del padre, passione politica, tradimento ed espiazione. L'afa opprimente sensuale e misteriosa rivela misteri, mistificazioni e svelamenti. Quando sta per ripartire, il giovane è ormai invischiato nei meandri del luogo e delle persone. La ferrovia è inghiottita dalle erbacce.

 

Film d'amore per i luoghi natii, per l'occulto mistero di cose irrivelate. Un indiretto ricordo del pittore Ligabue, un suo leone fuggito da un circo, catturato e sacrificato. Sono le stanze, i mobili, i fiori a narrare una vicenda morbida di passioni evocate e sfiorate. L'ambiguità è nel mondo amato, nel giovincello che si vuole tramutare in fanciullo, forse la vera interpretazione di Pascoli poeta (erotismo criptico).

C'è l'evocazione dello scrittore inglese Sterne nella sospensione narrativa, immagini silenziose in nero totale durante la rivelazione sul "culatello" fatta da un amico del padre. Le case che frequenta lo ingozzano di "bȕsecca", modo di usuale appropriazione dell'ospite. Viene da chiedersi: la scena, splendida, del culatello è di antologia? Può essere ancora credibile un brano estrapolato dal testo? Forse è qui che nacquero gli elzeviri? In questo contesto? E poi altra domanda indiretta: che fa un protagonista, un attore, quando non appare? Una risposta viene in parte da Brecht, ora abbastanza usata in teatro: agire come se.., spostare mobili, cambiarsi. In scena, durante la recita degli altri. Gli stacchi, le pagine vuote, il silenzio degli asterischi aiutano a spiegarci il gran mistero del narrare. Dove c'entra l'astuzia poetica connessa alla grafica. (Paolo D.)

Chiedete nel Fondo Sclavi della biblioteca di Venegono Superiore il testo:

Casetti, F. Bernardo Bertolucci, La Nuova Italia, 1975