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CONVERSATIONAnonima San Francisco, anonimi case strade corporations uffici. E la folla. E più ancora le persone. E il protagonista Harry Caul. Anonimo il suo modo di vestire, la casa. E l'accostarsi agli altri. Persino in chiesa, lui cattolico, è sfuggente come se la confessione fosse un gesto puramente formale, sbadato. Non si rivela, non vuol rivelarsi. Solo con il suo lavoro. Ascolta fotografa registra la vita degli altri.

Un committente gli dà un incarico che lentamente lo intriga lo invischia in una realtà inimmaginata. Si sta preparando un delitto? Restio alla consegna del materiale prodotto indaga di persona, sempre più compromesso.

 

 

 

Può essere interpretato quel che ha ripreso? Sbaglia valutazione? Perché la realtà dell'immagine non sempre corrisponde alla realtà oggettiva. Quale visione se non quella percepita dall'occhio può rassicurarci? La storia s'ingarbuglia i dubbi lo tormentano. Cessa di essere un intermediario indifferente per farsi attore d' un dramma, impotente a influire sull'accaduto. Fin alla perdita di sé. Così tutta la sua fredda professionalità si smarrisce nel constatare la negativa presenza della tecnica senza morale. Il delitto c'è stato, ben diverso da quello da lui ipotizzato. All'errore tecnico si aggiunge l'orrore etico. Forse il bailamme mentale lo incupisce e distoglie dalla realtà. Credendosi a sua volta osservato si autodistrugge. Osservatore e osservato? Questa la domanda che nasce dal dubbio, dall'errare, dalla coscienza. Essere al di sopra del giudizio lentamente lo porta a sentirsi giudicato.

Il film inizia con una lenta scena che circolarmente dall'alto si avvicina alla coppia indagata. Un pianoforte non invadente accompagna.

E il finale è il gran caos della distruzione con il suono aspro d'un sax; stesso movimento iniziale di perlustrazione.  (Paolo D.)