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IL NASTRO BIANCO

(Eine deutsche Kindergeschichte)

>> 2009 << Michael Haneke

immagine il nastro bianco

In un'opaca campagna dell'impero austro-ungarico la vita scorre in apparente normalità. C'è però sotto quello strato un miscuglio di avidità, cupidigia, sessualità mai sazie di violenze. Il grigiore delle immagini ricorda il regista danese Dreyer; meno rievocativo il taglio delle inquadrature prive di ricercatezza, riflesso di storie in apparenza banali. Banalità rivolta ad accentuare la tensione alla tragedia in due momenti. La gita dei due fidanzati sul calesse, lei titubante e apprensiva, lui candido e riguardoso; non c'è violenza né coazione, il climax è però conturbante, sottrae allo spettatore la serenità, suggerisce il timore, il dubbio. Ci si trova di fronte a due anime miti; l'incubo viene dal mondo circostante.

L'altro momento sta nella discussione pacata fra il maestro e la levatrice sull'uso di una bicicletta chiesta dal maestro a un vicino e l'urgenza dell'altra per recarsi a denunciare un delitto alla polizia. La contesa è semplice, lineare, scarsa di parole, fra persone per bene. L'involontaria disputa nasconde però il disagio d'un universo inquieto e dilaniato, le apparenze coprono una realtà molto diversa. Misfatti e inganni, violenze, minacce e punizioni sono in tutta evidenza. I soprusi in quel mondo, siamo alla vigilia dell'uccisione dell'erede al trono austriaco a Sarajevo, paiono coperti dal silenzio dell'ottusa angheria. Quella guerra non è la fine degli incubi. Essa è un cruento intervallo per altri obbrobri noti. Risalire al 1914 per raccontare una vicenda che potrebbe essere attuale denota la consapevolezza di un pessimismo storico non ascrivibile a un'epoca; è il "sempre" inalienabile a tormentarci.

"Il nastro bianco" è il simbolo della purezza virginale. (Paolo D.)