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Il segreto del successo di Dylan Dog è da ricercarsi nel carattere del personaggio, nel quale si è portati a immedesimarsi non solo per la sua umanità, le sue debolezze, i suoi sentimenti vulnerabili, i suoi piccoli e grandi eroismi, ma anche e soprattutto perché Dylan Dog è l'eroe per eccellenza del racconto fantastico. L’indagatore dell’incubo viene sempre a trovarsi su quella “soglia” attraverso la quale il soprannaturale e l'impossibile irrompono nel mondo razionale e arrivano a distruggerne l'ordine e la coerenza.

 

 

 

E su quella soglia l'eroe, e con lui il lettore, esita, incerto tra una spiegazione razionale e una irrazionale degli avvenimenti. Il segreto sta proprio in questo, nell’improvviso erompere dell'inammissibile nella banalità della vita quotidiana. Un esempio di piena consapevolezza su come sia possibile utilizzare l'horror non solo per sollecitare brividi a buon mercato, ma anche per raccontare e decifrare il mistero, metafisico e non, che ci circonda.

Tiziano Sclavi ha inoltre creato un duo straordinario, Dylan & Groucho, il tenero tragico insieme al logorroico buffone. Il successo della serie viene imputato all’impatto prodotto dall'inedito melange di crudeltà, di "splatter" (il sanguinolento schizzare di sangue e organi spappolati) e ironia, dovuta alle surreali battute e agli impossibili giochi di parole di Groucho.

Il grande rilancio dell'horror negli anni Ottanta è segnato dal sempre più stretto legame tra letteratura, cinema e fumetti. Le tendenze più esasperate e apprezzate del genere, lo “splatter” e il “gore”, compongono una "sinfonia dell’orrore" in cui lo strazio dei corpi e quello dell'anima vanno di pari passo. La notte dei morti viventi (in Dylan Dog diventa L'alba dei morti viventi, titolo del primo album), Nigthmare, La cosa, Profondo rosso diventano film culto e influenzano anche l'immaginario dei fumetti. Questa produzione trova un riscontro nelle numerose testate horror fiorite in Italia tra il 1989 e il 1990 come “Splatter”, “Mostri”, “Bloob”, ricche di efferate storie a fumetti made in Italy e di rubriche su effetti speciali e curiosità dell'horror cinematografico. Craven, Romero, Cronemberg, l'italiano Dario Argento sono i registi di riferimento della videoteca ideale e reale di Tiziano Sclavi.

Egli attinge allo splatter cinematografico, ma ne stempera gli effetti grazie all'uso dell'ironia e della citazione, che documentano un suo naturale background (“sono andato al cinema per la prima volta quando ero ancora in fasce”) creando un effetto straniamento rispetto alla vicenda narrata. Questo almeno è l'atteggiamento del lettore colto. Il lettore amante dell'avventura e del genere si farà conquistare dal ritmo della sceneggiatura e dagli interrogativi delle storie.

E' lo stesso Sclavi a dichiarare in un'intervista del marzo 2002:

 

La cosa più importante per me è che tutti possano leggere quello che scrivo.
Ad es.: se uno la frase, che so, di Borges, la conosce, vabbe' è un conto.
Però deve poter piacere anche a quell'altro che non lo conosce.
Almeno: questo è il punto di partenza. Una cosa di cui sarei orgoglioso è che se io cito una cosa in Dylan Dog, mettiamo il solito Borges, sarei orgoglioso se uno poi andasse a comprarsi Borges per leggerlo: grazie a Dylan Dog (Neri, 2004, p.28).


Sclavi è pienamente cosciente di come la nostra cultura sia una rete di racconti, che hanno tutti delle caratteristiche e strutture comuni. Egli attinge ai propri modelli con estrema onestà ed umiltà, imbevuto com'è in questa sconfinata cultura e a fine esclusivamente divulgativo.

L’autore sta indicando un sentiero che si dipana tra le storie del mondo, senza macchiarsi di citazionismo fine a se stesso e conservando sempre l'omogeneità del proprio racconto.

   Dylan Dog diventa cosi un testo aperto, ricco di continui rimandi e quasi un suggerimento e uno sprone a      creare una propria biblioteca, videoteca, nastroteca. Nell'accostarsi al mondo di Sclavi non si può prescindere da   una “biblioteca totale”. Una biblioteca nella quale il fumetto occupa un posto paritario rispetto al romanzo, la poesia rispetto al cinema, la canzone rispetto al racconto. E Star Wars ha la stessa dignità dei film di Bergman. (M.A.)